lunedì 7 gennaio 2013

Vesuvio.

Pt. 3.


In tutto eravamo sei, escludendo il fratello di Valeria. Sei sfigatissimi ragazzetti per bene, in un quartiere piuttosto tranquillo se non si conta i classici bulletti che alzavano le mani alla prima occasione. E vi garantisco che ogni occasione era buona per mettere le mani addosso a un altro. Il fratello di Valeria era quello che ne prendeva di più, perché era esile ed effeminato. E poi faceva un sacco di cose strane. Strane per un maschietto della sua età. Ad esempio gli piaceva disegnare i vestiti. Già a dodici anni voleva fare lo stilista. Trovava incredibilmente appassionante il mondo della moda. Ma vi renderete conto che, a dodici anni, a dichiarare certe cose, minimo si diventa il “soggetto” della situazione.

   Un giorno, sua madre, e quindi la madre di Valeria, morì di un male inguaribile. E da quel momento tutti lo rispettarono. Nessuno gli alzò più una mano addosso. Anzi, quelli che prima lo picchiavano abitualmente, cominciarono a difenderlo. Poi, però, nel giro di un anno, tutti i ragazzini dimenticarono l’accaduto, e ricominciarono a picchiarlo. Insomma, la tregua durò poco.
- Torno subito – mi disse Valeria mettendosi in piedi. – Non rivestirti.
   La vidi incamminarsi verso il bagno. Sculettava. Aveva un bel culo, scultoreo direi. Anni e anni di palestra. Un corpo perfetto. Era una ragazza molto sportiva e molto agile. Le vidi i capelli biondi accarezzarle le spalle, e con una mano se li portò in avanti, come se pensasse al fatto che potessero rovinarmi la visuale. Poi sparì nel bagno. La sentii fare la pipì. Prima o poi gliel’avrei chiesto. Di farmi pisciare addosso. Valeria, sei un idolo del sesso. 

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